martedì 3 aprile 2012

IL NUOVO ARTICOLO 18 VA RESPINTO !

IL NUOVO ARTICOLO 18 VA RESPINTO !
ECCO IN SINTESI COSA CAMBIA E QUALI SONO I GRAVI RISCHI
OCCUPAZIONALI CHE SI PROSPETTANO SE PASSASSE LA NUOVA
LEGGE

Organi di stampa, finanziati dai poteri forti, ci raccontano che l’Italia sta puntando al modello
tedesco, questa fantasia giornalistica non ha alcuna attinenza con la realtà. Vediamo perché:
Il patteggiamento in Germania è solo un'opzione. Se il lavoratore è convinto di poter dimostrare in
tribunale le sue buone ragioni, può sempre impugnare il licenziamento sia per motivi «soggettivi»
(es. motivi disciplinari) sia per quelli «oggettivi» (es. motivi economici), puntando al reintegro. Se
il licenziamento risulta ingiustificato, viene automaticamente dichiarato nullo, e quindi si
riconferma nel suo immutato vigore il contratto di lavoro preesistente; con il pagamento, per il
datore di lavoro di una penale e del salario dovuto (per il periodo che va dal licenziamento alla
sentenza).
Questa tutela spetta dopo sei mesi dall'inizio del rapporto di lavoro, perché questa è la durata
massima per il periodo di prova, non tre anni come vorrebbe Fornero.
In Germania l'obbligo di reintegrazione scatta per le aziende a partire da 10 dipendenti, non oltre i
15, come adesso in Italia; il licenziamento va comunicato e motivato dal datore di lavoro alla
rappresentanza sindacale aziendale, il Betriebsrat. Se il consiglio aziendale non lo ritiene
giustificato, formula un'obiezione scritta, che ha un peso rilevante nel caso si ricorra al giudice.
Inoltre, se l'azienda ritiene di dover rinunciare a un lavoratore per motivi di ordine economico o
organizzativo, non può licenziare a caso Tizio o Caio, ma solo chi tra i dipendenti ha la minore
anzianità di servizio e meno familiari da mantenere. Come è facile capire il modello
all’italiana ha completamente ignorato l’ultimo capitolo eliminando dall’iter il
Consiglio Aziendale
Con la riforma Monti-Fornero, invece, il reintegro sul posto di lavoro rischia di
passare da essere un diritto del lavoratore (in caso di riconoscimento di illegittimità
del licenziamento il lavoratore ha diritto a scegliere se essere reintegrato o ricevere
un'indennità) a un diritto dell'azienda di mandare via illegittimamente un
lavoratore pagando un obolo.

ART. 18: COM’È … E COME RISCHIA DI ESSERE

LICENZIAMENTI PER MOTIVI ECONOMICI:
detto anche “per motivi oggettivi”.

Oggi sono possibili quando coinvolgono almeno 5 dipendenti mentre con il nuovo sistema
possono essere anche individuali. Si darà vita a una procedura di conciliazione prima del ricorso
al tribunale – presso la Direzione territoriale del lavoro -, ma non darà mai diritto al reintegro nel
posto di lavoro (come invece accade oggi). Qualora il giudice ritenesse non valido il motivo
economico addotto dall’azienda per il licenziamento, non potrà disporre il reintegro, ma solo un
indennizzo economico. L’indennizzo sarà compreso tra le 15 e le 27 mensilità in base alle
dimensioni dell’azienda, all’anzianità del lavoratore e al comportamento delle parti.
Con l’attuale articolo 18, invece, ove il giudice non ritenga valido il motivo economico
addotto dall’azienda per il licenziamento, può disporre il reintegro del lavoratore.
Salva la facoltà del dipendente di optare, in alternativa, per l’indennizzo.
Il rischio di questa modifica è evidente, l’azienda può licenziare adducendo motivi economici per
celare motivi politico-sindacali, con buona pace del divieto di licenziamento discriminatorio. E
anche qualora tale provvedimento risulti illegittimo davanti ad un giudice questi non avrà alcun
potere per ordinare il reintegro ma potrà al massimo disporre un indennizzo economico. Tra
le altre cose, la definizione di motivo economico è talmente ampia che rischia di rivelarsi un pozzo
senza fondo dove gettare tutti i lavoratori che risultino indigesti o poco produttivi in base a criteri
esclusivamente aziendali. E’ evidente poi che tale spauracchio si tradurrà in un incentivo al silenzio
dei lavoratori anche davanti ad evidenti abusi aziendali depotenziando enormemente la forza
contrattuale dei lavoratori; che, anche solo per motivi psicologici (e così purtroppo non sarebbe)
sentirebbero pendere sulla loro testa la mannaia del licenziamento.
A detta di eminenti giuslavoristi, l’applicazione di questa condizione aumenterà moltissimo il carico
di lavoro dei Tribunali.
Se all’introduzione di questa sciagurata novità aggiungiamo l’ultimo regalo dell’INPS,che con la
circolare numero 35 ha stabilito l’innalzamento dell’età pensionabile a 66 anni di tutti i
ferrovieri impiegati in esercizio che non hanno raggiunto i requisiti al 1 gennaio 2012…il
risultato è presto fatto: un capotreno, un macchinista o un manovratore non più idoneo ad attività di
sicurezza (cosa che purtroppo può verificarsi facilmente) e non ricollocabile in altre attività, è
legittimamente licenziabile come fosse una scarpa vecchia da buttare via e comunque
l’eventuale illegittimità del licenziamento,anche se comprovata in giudizio, non prevede la
possibilità di ordine di reintegro da parte del giudice ma solo un indennizzo per il lavoratore
licenziato. Fonti aziendali del Gruppo FS, fanno risalire a 4600 i lavoratori che matureranno
le condizioni (58 anni) per il pensionamento. Di questi quanti saranno i potenziali inidonei?

LICENZIAMENTO PER MOTIVI DISCIPLINARI
detto anche per “motivi soggettivi”.

La nuova previsione sui licenziamenti per motivi disciplinari darà al giudice la possibilità applicare
il reintegro o l’indennizzo per il lavoratore. Il giudice potrà trovarsi in due diverse situazioni:
A) se il fatto imputato al lavoratore non è stato commesso, o se non è un motivo previsto
dai contratti di settore, il giudice potrà decidere per il reintegro, in aggiunta al pagamento
della retribuzione per tutto il periodo tra il licenziamento e il reintegro stesso.
B) in tutti gli altri casi il giudice potrà disporre solamente l’indennizzo (tra le 15 e le 27
mensilità in base alle dimensioni dell’azienda, all’anzianità del lavoratore e al comportamento
delle parti).
Anche in questo caso andiamo incontro ad un peggioramento sostanziale delle tutele attualmente
previste, in cui il potere di ordinare il reintegro da parte del giudice si riduce a due sole fattispecie,
il cui contenuto dipenderà da quanto previsto dai contratti aziendali.
Nel caso di licenziamenti per motivi economici e discriminatori subentra un nuovo problema
per il lavoratore, ovvero l’onere della prova. Infatti sarà a carico del lavoratore provare
eventuali condizioni che confutano le decisioni assunte dall’Impresa:

LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO

La possibilità di reintegro viene estesa anche per le aziende con meno di 15 dipendenti. Il
lavoratore, nell’impugnare il licenziamento, dovrà dimostrare davanti al giudice che questo è stato
discriminatorio. Se il giudice riterrà fondato il ricorso, annullerà il licenziamento e reintegrerà il
lavoratore.
Si tratta di un’ipotesi residuale che alla luce di quanto previsto dal resto della nuova norma diventa
quasi ridicola.
Prendiamo il caso degli operai della Fiat, reintegrati nello stabilimento di Melfi: per i giudici il
licenziamento dei tre operai di Melfi fu discriminatorio tuttavia è evidente che con la riforma
Fornero la Fiat non si sarebbe imbarcata in complicate procedure di licenziamento per “motivi
disciplinari”,ma avrebbe addotto i "motivi economici". E addio al reintegro… quindi è chiaro che
d’ora in poi nessun imprenditore sarà così stolto da dichiarare di aver licenziato un lavoratore
perché è Negro, Ebreo,Gay o Sindacalista, ma farà riferimento al semplice motivo economico. In
questo modo, soprattutto le grandi aziende, potranno, attraverso un indennizzo per loro ininfluente,
mettere alla porta i “rompiscatole”.

AMMORTIZZATORI SOCIALI

all’interno della riforma del lavoro viene introdotta una norma che avrà delle grosse ripercussioni
sul mondo del lavoro già soggetto ad una indiscutibile e preoccupante facilità a licenziare. Viene
introdotta l’ASPI ( Assicurazione Sociale Impiego) che sostituisce la cassa integrazione in deroga e
la mobilità. Ovvero vengono azzerati quegli ammortizzatori sociali che, in caso di crisi,
accompagnavano i lavoratori più deboli (anziani, etc) alla pensione. L’ASPI prevede un
assegno massimo di 1119,32 € per solo 12 mensilità.
Nel famigerato sistema tedesco, inoltre, esistono una serie di ammortizzatori sociali che al momento
non sono minimamente paragonabili a quelli previsti dalla riforma Fornero:
In Germania il sistema assicurativo contro la disoccupazione è obbligatorio per tutti i
lavoratori subordinati che siano impiegati per almeno 18 ore settimanali e che percepiscano
una retribuzione superiore a una soglia prestabilita.
- La cassa integrazione viene finanziata dunque dalla contribuzione sociale pari al 6,5% circa
delle retribuzioni lorde, ripartito equamente tra datori e lavoratori.
- L'erogazione dell'indennita' di disoccupazione ('Arbeitslosengeld') è subordinata a
determinati requisiti (come la disponibilità ad accettare un lavoro confacente al proprio
patrimonio professionale e una ricerca attiva di un'occupazione).
- L'entità del sussidio è calcolata sulla media delle retribuzioni dell'ultimo anno di servizio;
- La durata della prestazione, variabile tra i 6 e i 32 mesi, dipende dall'età e dall'anzianità
contributiva del beneficiario.
- Presente anche un sistema assistenziale, a carico della fiscalità generale, che prevede
l'erogazione di un sussidio di disoccupazione ('Arbeitlosenhilfe') in favore dei lavoratori che
hanno percepito l'indennità di disoccupazione, ma che alla cessazione del sussidio sono
ancora disoccupati.
Questo sussidio di disoccupazione è molto similie alla nostra 'indennità di mobilita'' (che la
riforma Monti-Fornero eliminerà), ma ha requisiti meno severi per essere concesso.
A queste forme di sostegno del reddito si aggiunge una terza forma di sussidio ('Sozialhilfe'),
erogato a coloro che non rientrano nei due campi precedenti.

IN CONCLUSIONE:

Quel che resta in piedi oggi in Germania è molto più vicino al regime previsto in
Italia dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori di quanto vogliono farci credere
Fornero e tutti coloro che ne condividono le scelte.

ARTICOLO 18, LICENZIAMENTI COLLETTIVI ED INDIVIDUALI



Nei casi di applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (quindi per le
aziende over - 15) se dichiarato illegittimo dal giudice, anche il licenziamento
individuale oggi è sanato con il reintegro obbligatorio sul posto di lavoro (sarà
semmai il dipendente a decidere per l’indennizzo). La proposta Fornero elimina
appunto questo passaggio e prevede che – anche in caso di illegittimità – l’azienda sia
obbligata al solo indennizzo.
Se passasse questo disegno è chiaro che – soprattutto in caso di
aziende non molto grandi – sarebbe più semplice abbandonare la
strada del licenziamento collettivo per seguire quella del licenziamento
individuale.

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