domenica 19 maggio 2013

Scusate il disagio, l’autore è latitante. Appello per una riflessione



In questi giorni esce in Italia un libro, New York Regina Underground, il racconto delle avventure di un ragazzo italiano nella Grande Mela: una pubblicazione che avviene in condizioni forse inedite, di sicuro paradossali. L’autore del testo, infatti, è un latitante:
Il motivo per cui è stato richiesto l’arresto di questa e di altre sei persone il 29 novembre 2012 è, invece, aver partecipato all’occupazione dimostrativa (durata circa un’ora) degli uffici della Geovalsusa a Torino, un’azienda legata al discusso cantiere Tav di Chiomonte. Alcuni degli indagati, tra cui Davide, non sono neanche accusati di essere entrati nella sede, ma di essere rimasti “all’esterno dell’edificio, gridando slogan e distribuendo volantini”. Prima domanda: è, questa, motivazione sufficiente per un arresto? C’è di più: la procura di Torino gli ha comminato, quando già era irreperibile, una seconda misura cautelare in dicembre; stavolta l’accusa è aver partecipato alla contestazione, portata avanti da una vasta folla di persone, al sindaco Piero Fassino durante la sfilata del Primo Maggio a Torino. Secondo la procura, Davide avrebbe cercato di aiutare uno studente caduto a terra a causa dell’intervento della polizia, e per questo – mentre veniva a sua volta bloccato sull’asfalto dagli agenti – “si irrigidiva negli arti superiori per impedire di essere ammanettato”.
Distribuire volantini e “irrigidire gli arti superiori” sono oggi, evidentemente, motivazioni sufficienti per privare una persona della libertà, prima di qualsiasi sentenza e qualsiasi processo.
Da questo punto di vista, proprio la repressione delle proteste contro l’Alta Velocità a Torino e in Val Susa, negli ultimi due anni, ha senza dubbio svolto una funzione da apripista. Dal 2011 si è di fronte all’occupazione militare di una fetta di territorio italiano, fenomeno che ha dato vita a non poche zone grigie in materia di diritto e a strani ibridi giuridici, denunciati anche da autorevoli esponenti della magistratura. Le circostanziate denunce, da parte del movimento, dell’incoerenza economica e strategica del progetto, e del malaffare e degli sprechi ad esso connessi, sono rimaste inascoltate, e la stampa si è spesa più a fornire un’immagine caricaturale della protesta che a veicolare informazioni dettagliate sui costi dell’opera, che verranno interamente scaricati sui cittadini. Istituzioni e media appaiono sordi alla crescente insofferenza della popolazione italiana per una gestione allegra della cosa pubblica, di cui fa parte il decennale patto non scritto tra stato e imprese (e talvolta crimine organizzato) per una devastazione del territorio spesso inutile e nociva, di cui l’Italia porta le ferite sull’estensione intera dello stivale.
Il Movimento No Tav è stato colpito in questi ultimi anni da migliaia di denunce penali; centinaia sono gli imputati, decine gli arresti e i processi. Persino sindaci sono stati processati (e poi assolti) per aver partecipato alle proteste, mentre ancora luce non è stata fatta, come denuncia il movimento, sulle gare d’appalto e su abusi da parte della polizia. Chi si oppone denuncia casi estremi: agenti che fanno uso di dotazioni non convenzionali, pestaggi documentati, limitazioni arbitrarie e anticostituzionali della libertà di spostamento.
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