lunedì 17 dicembre 2012

Perché Non Fare Della Carbosulcis Lo Stesso Piano Fatto Anni Fa Nella Ruhr In Germania?


Io sono un dipendente della Carbosulcis del 1988 , ci sono 25 anni in questa azienda e sono orgoglioso di esserci . La Carbosulcis è l’azienda che gestisce l’unica miniera di carbone in Italia , di questo 25 anni né ho trascorso 15 in sottosuolo a meno 400 metri e i restanti nell’impianto di trattamento del carbone. In questo ultimo periodo mi son chiesto vale la pena tenere in piedi la miniera ? oppure è opportuno cambiare rotta ?
Per riasumere il tema il carbone, ci vuole poco a riassumerlo. Nel 1996 il Corriere della Sera pubblicò un articolo che ebbe allora molta risonanza. Nell’articolo veniva ricostruita, con dovizia di dettagli, la lunga sequenza dei contributi pubblici concessi alle miniere. Già da allora la situazione era molto critica: i soli sussidi a fondo perduto concessi dallo Stato nel decennio 1985-1995 avevano superato i 900 miliardi di lire. Cui andrebbero aggiunti, per completezza, gli interventi diretti dell’Eni (250 miliardi nel 1985), i contributi concessi dalla Regione Sardegna in tutti questi anni . Ma le lezioni del passato rimangono in gran parte inascoltate. Oggi come ieri, la ragione fondamentale all’origine della crisi delle miniere del Sulcis non si è modificata. E’ un carbone di scarsa qualità, ha troppo zolfo e costa troppo per poter essere utilizzato in modo economico , nonostante il brevetto di lisciviazione che consiste nel quasi totale abbattimento dello zolfo . E si fa dunque fatica a capire perché le tecnologie della cattura e dello stokaggiodella CO2, costose e incerte anche in contesti più favorevoli, siano richieste a gran voce qui in Sardegna , quando i contributi Europei se li è aggiudicati l’Enel per l’impianto di Porto Tolle . Quindi io mi chiedo non è
possibile fare quello che hanno fatto nella Ruhr -capitale europea della cultura 2010- con fondi europei… a cui possiamo accedere anche noi, oppure non siamo più in Europa? Mah?)
Eppure, le esperienze di riqualificazione industriale, fatte sul serio e in profondità, non mancano. A cominciare dall’Europa e dal paese più industrializzato di tutti, la Germania, dove negli anni Ottanta è stato messo a punto il piano di riconversione dell’area della Ruhr, la storica regione che ha miscelato enormi bacini minerari e impianti siderurgici e che ha dato risultati di rilievo nonostante la Germania, con oltre 44 milioni di tonnellate, sia il primo produttore europeo dell’acciaio.
Il piano della Ruhr è stato stato davvero imponente dovendosi occupare di circa 6000 ettari di aree industriali dismesse, una dimensione pari al 70 per cento delle aree abbandonate della Germania dell’Est. Il processo ha visto l’intervento diretto dello Stato e delle autorità locali con una serie di finanziamenti straordinari, ma soprattutto con l’attivazione dei fondi europei e di sviluppo regionale con un costo complessivo superiore ai 2 miliardi di euro.
Oggi, a Dortmund i minatori sono scomparsi, ma la città ha una grande vitalità essendo divenutacapitale europea della cultura nel 2010. La cokeria, uno dei luoghi di produzione siderurgica più inquinanti, dismessa nel 1992, è stata trasformata in un percorso museale così come è stato allestito il museo della birreria accanto al teatro dell’opera, della prosa, ai musei Ostwall eAdleturm.
Un’altra città industriale, Duisburg, è stata il principale porto per il trasporto del carbone e dell’acciaio della Ruhr. Ora ha un grande parco naturale nella parte nord dove la sera i vecchi altiforni vengono illuminati da luci al neon mentre il club alpino tedesco ha trasformato il vecchio bunker che fungeva da magazzino per il ferro in una parete per arrampicate. L’ex gasometro dal diametro di 45 metri, invece, è stato riempito d’acqua diventando il più grande sito artificiale sottomarino d’Europa che ora viene esplorato da centinaia di sub.
Anche Bilbao era sommersa dai fumi e dall’inquinamento delle officine metallurgiche e dei cantieri navali. Ma mentre si esaurivano le miniere di ferro e la cantieristica navale emigrava nell’est asiatico, nel 1997 è stato aperto il museo Guggenheim che nel primo anno di attività ha attirato 100 mila visitatori l’anno. Oggi sono diventati un milione. Pensiamoci è possibile fare operazioni simili nel Sulcis io credo di si , pensiamoci un po tutti.
Qui c’è semplicemente una descrizione “turistica” di cosa è la Ruhr oggihttp://www.guidagermania.com/regione-della-ruhr/
Antonello Tiddia

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